Annalisa Cima
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pensieri per Vanni Scheiwiller
Presentazione di Maria Corti
Interlinea,
Novara, 2000
All'insegna del pesce d'oro
era il tuo motto
e con ironia hai sigillato
un mondo che solo pochi
hanno toccato con mano.
II
Colmerò il vuoto lasciato
là dove il pensiero si perde
camminando nell'angolo di luce
dove scolora l'inverno
dove i calici mutano
in corolle.
III
Il dolore è un tesoro
che difendo dai dilapidatori
di finte gioie.
L'amicizia è un valore
perenne
non conosce
né tempo
né morte.
IV
Sono bastati un giorno,
un'ora, un istante,
perché le ombre
ti portassero via
le tue care ombre.
V
Il tuo sonno pullula
di libri, di nomi,
di colori
di vortici che ingoiano
parole.
La tua morte è un dono
per il cuore che la sa
trattenere.
VI
Il tuo vivere
ha lasciato impronte
sulla neve del tempo.
E il tempo
s'è fermato.
VII
Dei nomi dei poeti
si riempie il tuo sonno.
La tua tomba
è la piú bianca,
perché mille “farfalle”
colorate possano essere viste
in controluce.
VIII
In una eternità incolore,
per sentirti vivo,
ricorderai l'arcobaleno
delle tue copertine.
IX
Le vele del cielo
si sono piegate su te
l'oro delle filigrane
intesse i miei ricordi.
X
L'anima è già sepolta
e ancora le tue dita
scorrono
indici immaginari.
XI
Non ha nuvole il tuo cielo,
ma acque furtive
come lacrime
e pesci dorati
come monili dimenticati.
XII
Nella casa di tuo padre
Wildt e Melotti, Messina e Regina
Fontana e Prina.
Nella casa dell'Ade
vi sono i marmi e i bronzi
è lontano l'azzurro,
ma la luce che hai lasciato
illumina il buio.
XIII
Già negli ultimi mesi
leggevo l'inquieta pena
del vivere nei tuoi occhi.
Oggi s'è spenta.
XIV
Eri abituato all'oscurità
oggi vedi risolti gli enigmi
e sorridi.
Sei cresciuto nella regione
delle nebbie,
oggi sei libero e vedi.
XV
E dell'ora della morte
agli amici cosa sai dire?
Non puoi escluderci dal tuo mondo
solo perché colpevoli di sopravvivere.
XVI
Ci hai lasciato l'arte
di fare libri, sei fuggito
per modestia
per sottrarti alle lodi,
come se vi fossero
altri pari a te.
XVII
Su questi piccoli libri
splende la tua luce.
Ciò che si ama riluce
sull'intorno.
Ha un suono magnifico
lo scorrere delle pagine;
il suono della tua voce.
XVIII
Milano è orfana d'un figlio,
io d'un fratello,
la poesia ha perso
il suo paladino
il suo editore poeta.
XIX
L'amore, la vita, la felicità
li trovavi nei libri.
Quando il gioco perverso
del denaro stava per sopraffarti
hai voluto fuggire
per un nuovo gioco
che vedrà stelle filanti
in luogo di farfalle.
XX
Non hai ceduto alle sventure
fasciandoti la testa con lini,
o vestendo cilici di ghiaccio.
Finché vivrà
il canto
porterai il tuo guizzo
fuori dalle convenzioni
di morte.
XXI
Ho perso un amico
col quale fuggivo
dal quotidiano.
Ha chiuso la sua vita
come si chiude una poesia.
XXII
A poco a poco volevi
abituarmi alla tua fine
con doni d'addio.
Ora continuo da sola
quel rituale che ci accostò
alla luce della parola,
del segno, della follia suprema.
XXIII
Ho ascoltato la tua voce rassicurante,
ma alcune tessere del mosaico
mancavano. E capii che eri
incamminato verso mete lontane,
verso un orizzonte invisibile
tra pagine non ancora lette.
XXIV
Il tuo immenso destino di morte
lo lessi un anno prima sul tuo volto,
trapelava dalle tue parole.
Oggi posso solo ricordare
in colorita lontananza
l'immagine di te seduto,
stanco, arreso, che con mano tremante
mi porgevi un bicchiere.
XXV
Sei fuggito dal dubbio
che ti tormentava,
indenne, coraggioso,
senza volgere le spalle.
Non avevi paura dell'abbandono,
tu che ci hai lasciati.
XXVI
Hai giocato con la tua vita
sino alla fine
lillipuziano amico.
Ora la nebbia
che amavi filtra nel tuo rifugio,
un mazzo d'alati colori
ti sfiora. Risvegliati per dirmi
che non ti spiace d'esser morto.
XXVII
Chi ha piú spirito
ha minore libertà.
Per questo ora hai spazi
limitati che s'aprono
a supremi silenzi.
XXVIII
Non hai piú
né corpo
né voce.
Se chiudo gli occhi ti riconosco,
perché la vita
è sogno
popolato d'ombre e immagini
che sfumano col tempo.
XXIX
Sapevi che il delitto
dell'uomo è nascere
non morire.
Visto che si può fuggire
alla crudele ansia
del vivere
tu hai trovato la libertà
morendo.
XXX
Vedo nuvole addensarsi
in un cielo terso.
Nuvole a forma di pesce.
E questi sono i tuoi segni
che vagano in ogni direzione
là dove mi muovo.
XXXI
Con riflessione, intraprendenza,
perseveranza, per il breve
tempo che ti ha concesso il vivere,
hai conquistato un sogno.
XXXII
Sei stato testimone
delle mie sventure.
Con chi parlerò
delle sconfitte, delle vittorie
degli amici assenti?
XXXIII
Eri fedele a te stesso.
Assorbito dalla tua passione
non sognavi altri regni.
Combattevi a fianco
delle persone in cui credevi.
Cosí la lealtà è diventata
l'emblema della tua vita.
XXXIV
Il tempo non t'ha concesso
un'altra occasione
per guardare nel colophon
lo scorrere degli anni.
XXXV
L'amicizia è piú che amore
quando si hanno
le stesse illusioni.
XXXVI
Dov'è quel luogo incantato
dove fioriscono i giorni,
e non finisce né il tempo,
né la luce, né l'incantamento?
XXXVII
Io non andrò
correndo di luogo in luogo,
mi vedrai seduta, piangendo il giorno
in cui non t'ho piú visto.
Eri fuggito chiedendomi aiuto
non t'ho piú riudito.
XXXVIII
Nella morte,
frattura di ogni evento,
è il vero significato
del vivere.
XXXIX
Hai dato le tue forze al pensare
che avvicina senza limiti al pensato.
Volevi conoscere per sopravvivere.
XL
Oggi nel mio silenzio
è l'eco delle nostre risate.
E l'eco illude la vita.
XLI
Specchi di luoghi conosciuti
di chi soffre in sé, per sé.
Non vi è logica nel distacco.
XLII
Destino di finire
tutti e sempre,
ma divisi e soli.
XLIII
M'aiuti da lontano
cosí converti in simboli
la nostra solitudine.
XLIV
Nell'anticamera segreta
dell'infinito hai lasciato
una borsa colma di libri per me?
XLV
S'infiammava il tuo sguardo
luccicavano le lenti appannate
per un piccolo foglio azzurrino,
vergato a mano dall'autore.
XLVI
Il filo c'è
non l'ha reciso la lama:
è solo invisibile.
XLVII
Volevi una pervinca
sopra la tua bara,
t'ho portato l'alisma
fiore acquatico, perché
il pesce d'oro sopravviva.
XLVIII
Slitta trainata dai cavalli di Marini
orizzonte d'un teatro di Melotti
e tu, nella bara sul guanciale, leggi
Sbarbaro, Rebora e Montale.
Il girasole, i limoni, i licheni
sono il silente sopravvivere
piú duraturo d'una breve fama.
XLIX
Farò in modo che il ritratto
mi sfugga tra le dita.
Vi è posto per un volto
là dove il pensiero si brucia,
per ritrovare intatti
i ricordi e spargere
ceneri sopra un campo
dai colori dimenticati.
L
Il tuo sogno
è finito cosí:
hai ripiegato l'ultima pagina
e messa la parola fine.
.
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