Annalisa Cima
Montale postumo e l'accademico
spregiudicato (prosa)
Atti del seminario sul
Diario Postumo di
Eugenio Montale
All'insegna del pesce d'oro,
di Vanni Scheiwiller,
Milano 1999
Decodificando il pezzo pubblicato da Dante Isella, il 20 luglio sul "Corriere della Sera" notiamo che, più che una "puntuale analisi stilistica" l'articolo sembra la negazione di qualsiasi metodo d'indagine non solo filologica, ma anche analitica o di
comparazione.
Si parla di manoscritti occultati, "mettendo in serio dubbio l'autenticità dei componimenti postumi del poeta ligure, dimostrando come si tratti di collages di frasi colte al volo nella conversazione della Cima con il poeta; oppure di frasi serbate nella memoria propria o di un registratore".
Ebbene: i collages e le frasi colte al volo, o serbate nella memoria di un registratore, sono invece dei manoscritti di Montale che potete vedere oggi, qui, in mostra nelle teche; manoscritti che sono stati studiati minuziosamente non solo da Rosanna Bettarini nelle due edizioni mondadoriane del '91 e del '96, ma anche da altri critici e filologi, e sono in copia conforme nelle mani di tutti i traduttori e degli italianisti che li hanno richiesti, tanto che è già in programma dall'editore Olschki di Firenze la Concordanza del Diario postumo a cura del professor Giuseppe Savoca, e alcune poesie del Diario postumo sono state inserite nel volume della scolastica Mondadori, a cura di Angelo Marchese.
L'Isella prende spezzoni di poesie di Montale del Diario postumo e ne fa un'analisi mistificatrice, infatti gli stessi versi erano già stati analizzati da altri critici, filologi, scrittori e traduttori prima di lui, per poter dimostrare l'intenzione di Montale di autocitarsi, seguendo cosí la linea assunta da Satura in poi.
A questo punto viene da domandarsi, ma il "fine filologo Dante Isella" legge gli interventi, gli apparati e i saggi degli altri?
Cadute oggi, con questa mostra di manoscritti, tutte le invenzioni delle registrazioni e non essendo mai state occultate le poesie autografe di Montale, tengo a precisare che l'Isella non ha mai chiesto di vedere i manoscritti, forse per poter scrivere che erano parole colte al volo o registrate.
A proposito poi del mio primo libretto scritto per Montale, l'accademico incorre in un errore, infatti lo scritto non è in versi, ma è una breve prosa stampata a bandiera.
E quando dice "Suoi, a dire il vero, sono soltanto i versi che introducono…" non è documentato, perché tutta la collana era cosí concepita da Scheiwiller: un breve scritto sull'autore, un suo inedito e delle fotografie (Eugenio Montale, via Bigli, Milano, Scheiwiller, Milano 1968).
Subito dopo sostiene che le conversazioni di Incontro Montale (Scheiwiller, Milano 1973) sono "collages e repêchages da Auto da fé" fatti da Montale e da me, e ciò lo pone in contraddizione con quanto ha detto precedentemente.
Ma allore, per il consulente della Mondadori Dante Isella, che viene definito dai suoi il più importante montaliano, Montale è vero nelle prose quando si autocita ed è falso Montale quando si autocita nelle poesie?
E a proposito dell'altra menzogna macroscopica: la lettera che Montale scrisse a Gianfranco Contini in cui, secondo l'Isella, alludeva a Incontro Montale, in più punti si intuisce che la lettera menzionata si riferiva ad un altro libro. Infatti la frase "fu progettato e stampato a mia insaputa" non può accennare ad un libro di conversazioni per le quali Montale preparò schedine apposite che servivano da scaletta, da utilizzarsi durante la registrazione delle conversazioni che poi venivano trascritte a macchina e corrette nel dattiloscritto dal Poeta. Il secondo punto della lettera "speranza di farti / farci una lieta sorpresa…" chiaramente non allude al volumetto di conversazioni Incontro Montale, perché avendolo Montale stesso preordinato, non poteva esserne stupito. Non vedo inoltre quale fosse la lieta sorpresa per Gianfranco Contini che nelle conversazioni non era nominato, né come potevo fargli 'credere' una qualsiasi cosa non conoscendolo.
Conobbi Contini, infatti, tre anni dopo, in compagnia di Albino Pierro e Antonio Pizzuto, a Roma. E per finire 'pennaiola' è termine usato in Toscana, certamente un "senhal" montaliano per alludere a una autrice, d'origine toscana, che conosceva sia Gianfranco Contini che Eugenio Montale.
Quanto alle autentiche notarili, Isella incorre in un ennesimo errore, infatti Montale volle fare autenticare sia le lettere-legato che le poesie, non per convalidare la sua scrittura, perché non ve n'era bisogno, ma perché potessero circolare all'estero e far parte di un fondo di pertinenza straniera.
Perché tante menzogne? Cosa è dunque successo?
Solo quando uscí il libro, con l'apparato di Rosanna Bettarini e la prefazione di Angelo Marchese, nacquero in Dante Isella tutti questi dubbi?
La ragione della tardiva reazione dell'Isella, quindi, è molto chiara.
Nel 1988 alla Mondadori mi proposero la sua candidatura per curare l'apparato di Diario postumo, ma ovviamente seguendo i dettami di Montale, scelsi Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini.
Contini non stava bene, ma promise di scrivere il risvolto del volume che avrebbe raccolto le prime trenta poesie e sarebbe stato pubblicato nel 1991.
Purtroppo quando iniziammo la lavorazione del volume, Contini era già morto.
Ciononostante, decisi d'affidare l'apparato a Rosanna Bettarini e non ad Isella.
In un primop tempo, letto l'apparato di Diario postumo (1991), quasi casualmente, Dante Isella mi disse che un apparato come quello della Bettarini l'avrebbe potuto approntare qualsiasi sua allieva, e io ridendo gli risposi: "Che brave le tue allieve, ma la Bettarini è stata scelta da Contini e Contini da Montale. Di critici come Contini, caro Isella non ce ne sono molti… ti devi rassegnare".
Tornò alla carica quando stavo preparando il volume completo delle poesie postume, fine 1995 inizio 1996, Diario postumo, 66 poesie e altre, prima offrendosi per la prefazione, poi volendo scalzare la Bettarini e sostituirla con uno dei suoi allievi per quanto riguardava il testo e l'apparato.
Ed io risposi di no.
Isella allora si cercò un alleato in Giorgio Zampa, il quale non aveva esitato, dopo la morte di Montale, a curare il volume diTutte le poesie attingendo all'edizione curata da Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini.
Ma quello che il gran pubblico non sa è che Isella ha tentato di screditare il volume postumo, d'accordo con Zampa e Colorni, per poter fare il meridiano delle poesie, togliendo di mezzo sia Rosanna Bettarini che la sottoscritta e di conseguenza violando le volontà di Montale.
Leggiamo i testi di due lettere-legato che Isella sul "Corriere" non ha pubblicato intenzionalmente: il primo testo del 26.X.1975, è un legato vero e proprio, il secondo del 10-X-1978 è un testamento con prelegato e noteremo che sia nel legato che nel prelegato Eugenio Montale sottolinea che la curatela dell'opera omnia è affidata a me.
Milano 26.X.1975
Lascio ad Annalisa Cima sia la cura che i diritti delle poesie che le affido e affiderò, da pubblicare dopo la mia morte, ciò varrà per tutte le mie varie edizioni, ivi compresa l'opera omnia.
Milano 10-X-1978
Annullo e revoco ogni mia precedente disposizione e scritto, ed io Eugenio Montale, in piena facoltà, nomino (in segreto) Annalisa Cima mia erede universale -
Ad Annalisa Cima lascio poesie e scritti e i diritti degli stessi: diritti d'autore.
Per opera intendo gli scritti da me lasciati in vita. Vorrei rinnovasse la curatela d'essi
ad uso dei suoi pari.
Ma Isella, non contento, continuò in preda al suo delirio d'onnipotenza, a dire che avevo contraffatto la scrittura di Montale; era già stato detto nel 1986 da Raboni sull'Europeo, con la sola variazione che per Raboni i colpevoli eravamo Segre ed io.
E il Raboni, nel tentativo d'ironizzare, scrisse a proposito delle prime sei poesie: "i gioielli dello scrigno, come li ha definiti il critico Cesare Segre", e cosí dicendo affermò una verità che oggi è constatabile.
Alcune di queste poesie, infatti, sono a detta d'insigni filologi e italianisti, dei veri e propri gioielli, cosí come nel 1986 le avevano definite, sia Gianfranco Contini nella lettera che mi scrisse, sia Cesare Segre durante la presentazione delle prime sei poesie.
Da tutti gli sproloqui di Isella, comunque, si evince che frequentava poco Montale, perché coloro che erano ricevuti sovente da Montale sapevano che scriveva, negli ultimi anni, con una macchina da scrivere Olivetti lettera 22; e perché mai un falsario avrebbe dovuto scrivere le poesie a mano? Poteva batterle a macchina, era molto più semplice e più comodo.
Poi, questa romanzesca costruzione del falso è crollata miseramente quando è avvenuta la testimonianza di Maria Corti.
Dopo di che è rimasto solo il ridicolo, il ridicolo di chi ha inventato un falso e montato una commedia per fini personali.
In fondo la scelta è molto semplice: da una parte ci sono le volontà di Montale, dall'altra quelle dei suoi avversari.
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